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Bertolt Brecht è uno dei primissimi autori ad assorbire produttivamente nella sua scrittura le nuove condizioni mediali dell’era della riproducibilità tecnica dell’immagine, della voce, dei gesti. Il suo teatro epico propone una pratica dell’intermedialità che è poi diventata costitutiva per l’arte del secondo Novecento ed è stata variamente ripresa in altri media: nel cinema, soprattutto, e nelle arti performative e figurative (da Beuys a Godard, da Kluge o Haacke a Straub e Huillet).
Nel panorama post-drammatico la sua azione è spesso meno riconoscibile, meno consapevole. Elementi del “modello Brecht” riappaiono estraniati dal loro contesto, caricati di un senso nuovo, utilizzati per riflettere su una situazione diversa dell’arte, del teatro, della cultura. La disposizione intermediale brechtiana sopravvive in forma frammentata, sovente implicita, indiretta, come nel caso del cinema di Wong Kar Wai o della fotografia di Jeff Wall. Questa presenza dispersa manifesta una decostruzione irreversibile del Brecht classico e di ogni brechtismo, rivelando una permanenza rinnovata della écriture mediale brechtiana: una perdurare per lo più inconscio, discontinuo, latente, quindi attivo nel profondo.
I saggi raccolti in questo volume esaminano aspetti significativi di questa ampia tematica che pone il lavoro di Brecht sotto la luce nuova di interessi e prospettive critiche strettamente legati al nostro presente.

Ultimo aggiornamento 24 Giugno 2021 a cura di Redazione IISG